venerdì 5 dicembre 2014

I primi piatti

(Riporto un articolo tratto dal portale del PROGETTO ASCO dedicato ai primi piatti). L'articolo mi è piaciuto perchè dotato di bibliografia e di facile comprensione).


Autori: Dr. Michele Sculati, Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione, PhD

L’abitudine al consumo di primi piatti è squisitamente italiana, risulta difficile trovare in altre nazioni una varietà di gusti ed ingredienti paragonabile; all’estero solitamente pasta o riso vengono presentati con ricette scarne ed in porzioni ridotte insieme al secondo piatto, nei cosiddetti “combo-meals” frequenti nella cucina anglosassone [1]. Il primo piatto è un cardine della nostra tradizione culinaria, la principale culla della dieta mediterranea che è considerata patrimonio dell’Unesco; eppure, con una riduzione del consumo di pasta del 23% in 10 anni [2], sembra che sia in atto una lenta disaffezione a questa categoria di alimenti. Perché?
La pasta fa ingrassare?
E’ sempre più diffusa l’opinione che la pasta ed i primi piatti ricchi in carboidrati facciano ingrassare e siano parte del dilagante problema di sovrappeso ed obesità; in un sondaggio di Nielsen si è osservato un aumento del 20 % di persone che ritengono la pasta nemica della propria linea nel solo periodo 2008-2012 [3]. La convinzione che la pasta ed i primi piatti facciano ingrassare viene diffusa anche dalla fiorente industria della dieta (diet industry), che solitamente propone diete a basso o bassissimo tenore di carboidrati; tali diete risultano efficaci nel breve periodo (qualche mese), tuttavia se si analizzano i risultati nel medio lungo periodo (1-3 anni) esse provocano un peggioramento complessivo del comportamento alimentare, come ben descritto da Gérard Apfeldorfer [4]. Restringere eccessivamente e per lungo periodo l’apporto di carboidrati, di cui sono ricchi i primi piatti, può causare in soggetti in sovrappeso un successivo aumento della impulsività e compulsività alimentare [5]. La restrizione calorica è in grado di aumentare la sensibilità dei circuiti di gratificazione dopaminergici presenti nel nostro cervello [6], questi circuiti vengono attivati da sostanze o comportamenti che causano dipendenza, e nell’obesità è proprio il cibo che da dipendenza [7].  In tali persone può persistere la restrittività alimentare nei confronti di pietanze come i primi piatti, mentre l’impulsività alimentare farà aumentare il consumo di cibi immediatamente disponibili (snack) e ad alta densità energetica. I dati di vendita di snack dolci (anche con o a base di cioccolato) e salati, infatti, registrano nei medesimi anni incrementi di vendite e consumi [8] [9].
Consumare un primo piatto al giorno è parte di una dieta bilanciata, gli amidi in essi presenti ci aiutano ad avere energia di lunga durata, consentendo di mantenere un comportamento alimentare ordinato nel rispetto delle occasioni alimentari principali.
Meglio pasta o riso?
La paste e il riso sono i due ingredienti principali dei primi piatti in Italia, seguiti da ravioli o tortellini, gnocchi, farro e orzo. Solitamente al riso si attribuisce una maggiore leggerezza rispetto alla pasta, in realtà il termine leggerezza può essere confondente: il riso e la pasta hanno un contenuto calorico del tutto sovrapponibile. Il riso risulta mediamente più digeribile della pasta, questo in quanto la struttura molecolare dell’amido in esso contenuto è più veloce da digerire. Tale caratteristica può essere interessante, ma ricordiamo che una maggiore velocità di digestione e di assorbimento si traduce in un maggior indice glicemico; avere un indice glicemico maggiore significa rilevare incrementi della glicemia più repentini e meno persistenti. Il consumo di alimenti a basso indice glicemico è suggeribile in persone con diabete [10] o a rischio di sviluppare alterazioni del metabolismo dei carboidrati, oltre che aver mostrato risultati interessanti nel contenimento del sovrappeso anche in revisioni della letteratura di rilievo come le Cochrane [11]. La pasta mediamente ha un indice glicemico minore del 50 % rispetto al riso [12];  visti i nostri stili di vita, l’incremento si sovrappeso ed obesità e delle co-morbidità, quali il diabete, questo paramento risulta interessante.
La pasta è un “carboidrato”?
Al fine di semplificare la comunicazione in ambito nutrizionale alle volte si incappa in messaggi semplicistici ed imprecisi, come il fatto che la pasta sia ricca solo di carboidrati; è sufficiente osservare l’etichetta nutrizionale riportata sulle confezioni per scoprire che la pasta contiene il 12-14% di proteine, il che non è trascurabile. Per meglio comprenderne l’entità, confrontiamo l’apporto proteico di una porzione media di pasta e di bistecca (secondo porzionature INRAN): 10 g di proteine per la porzione di pasta vs 20 g per la porzione di carne, il che significa che in una porzione di pasta sono presenti le proteine contenute in mezza bistecca, una quota non trascurabile. Questa osservazione ricorda che la pasta non è solo un “carboidrato”, tant’è che secondo la normativa dell’European Food Safety Authority la pasta è definibile come “fonte di proteine” [13]. Tale caratteristica non è riscontrabile nel riso, che in media ha il 50% in meno di proteine, e non viene migliorata da paste alternative come quella al Kamut, che non ha dimostrato vantaggi nutrizionali di rilievo.
La pasta mi gonfia, sarò intollerante al glutine?
La sensazione di gonfiore o tensione addominale è una condizione frequentemente riportata dai pazienti: dal 10 al 30% [14] [15], la cronicità ed il fastidi di tale sintomo possono portare il paziente a cercare soluzioni “alternative” al faticoso cambiamento dello stile di vita, ed in questo periodo i test “alternativi” per le intolleranze alimentari risultano sempre più diffusi. L’intolleranza al glutine o al frumento viene frequentemente rilevata da tali test, che hanno mostrato problemi di attendibilità proprio per l’elevato numero di “falsi positivi”; infatti, società scientifiche rappresentanti medici allergologi  italiani [16], inglesi [17], americani [18], canadesi [19], australiani [20], nonché  consensi condivisi tra le società a livello internazionale [21], hanno stilato specifiche “position paper” che ne documentano l’inattendibilità, nonché la potenziale pericolosità di diete basate sui risultati di tali test. L’intolleranza al glutine andrebbe valutata con gli appositi test di screening effettuati dal medico di medicina generale, mentre i sospetti di una condizione più sfumata chiamata “gluten sensitivity” andrebbero diagnosticati da un gastroenterologo, con precisione e secondo le procedure suggerite (double-blind placebo-controlled gluten challeng [22]) e non con una semplice diagnosi di esclusione.
Quale è la porzione corretta e quali ricette preferire?
Il consumo di porzioni eccessive, le cosiddette super o king size, o l’incremento della densità energetica sono entrambi fattori fortemente associati all’eccesso di peso ed all’obesità; quindi nel consumo di primi piatti devono essere rispettate semplici indicazioni di tipo quantitativo e qualitativo. La porzione media di pasta o riso secondo l’INRAN [23] è di 80 grammi, essa può variare a seconda dell’individuo, quindi in un adolescente che pratica amatorialmente attività fisica si possono raggiungere i 100 grammi, in una persona che svolge un lavoro fisicamente attivo si può incrementare ulteriormente. Scendere al di sotto dei 70 grammi, anche in soggetti in sovrappeso, limiterebbe in modo significativo l’utilità di alcune caratteristiche nutrizionali dei primi piatti.
Le abitudini che possono far incrementare la densità energetica dei primi piatti riguardano prevalentemente la preparazione dei sughi, vediamo alcuni esempi: anche sughi considerati leggeri come il pesto sono in realtà ad alta densità energetica, contenendo olio, pinoli e formaggio e vanno aggiunti con moderazione; aggiungere formaggi al sugo ne aumenta la densità energetica, il tradizionale cucchiaino di parmigiano va benissimo, una “nevicata” di parmigiano è eccessiva; anche se si tratta di mozzarella o ricotta sono comunque aggiunte che irrobustiscono la ricetta; la quantità di olio usato come base per il soffritto va controllata con una certa attenzione ed il consumo di primi al forno andrebbe limitato alle occasioni speciali in quanto nelle preparazioni tradizionali sono presenti maggiori quantità di formaggio, besciamella ed altri ingredienti che ne elevano la densità energetica. Sughi in cui vengono utilizzate olive, capperi e acciughe vanno considerati con attenzione in caso di ipertensione, in quanto ingredienti particolarmente ricchi di sodio.


[1] The new american plate, American institute for cancer research, www.airc.com, accessed gen 2014.
[2] Italy Loses Its Taste for Pasta. Consumption Has Dropped 23% in Past Decade. The Wall Street Journal, Oct. 11, 2013.
[3] ANSA. Italiani stanno perdendo amore per la pasta. 10 Ott 2013.
[4]  Gérard Apfeldorfer. Jean-Philippe Zermati Bugie, dieta Dukan e altre sciocchezze, Rizzoli 2013
[5] MARCIA LEVIN PELCHAT Food Cravings in Young and Elderly Adults. Appetite, February 1997, Pages 103–113
[6]  Carr KD. Augmentation of drug reward by chronic food restriction: behavioral evidence and underlying mechanisms. Physiol Behav. 2002 Jul;76(3):353-64.
[7] Potenza MN Obesity, food, and addiction: emerging neuroscience and clinical and public health implications. Neuropsychopharmacology, 2014 Jan;39(1):249-50.
[8] I MERCATI GROCERY Gli snack salati al di là della crisi. Mark-up- il sole 24 ore, mar 2012, n 207
[9] Snacks dolci, Market Italy Report Food, 2010
[10] La Terapia Medica Nutrizionalenel Diabete Mellito. Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014.
[11] Thomas DE, Elliott EJ, Baur L. Low glycaemic index or low glycaemic load diets for overweight and obesity. Cochrane Database Syst Rev. 2007 Jul 18;(3):CD005105.
[12] Atkinson FS, Foster-Powell K, Brand-Miller JC. International tables of glycemic index and glycemic load values: 2008. Diabetes Care. 2008 Dec;31(12):2281-3.
[13] REGOLAMENTO (CE) N. 1924/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2006
[14] Sandler RS, Stewart WF, Liberman JN, Ricci JA, Zorich NL. Abdominal pain, bloating, and diarrhoea in the
United States. Prevalence and impact. Dig Dis Sci 2000;45: 1166–71.
[15] Drossman DA, Li Z, Andruzzi E, Temple R et al. US householder survey of functional gastrointestinal disorders: prevalence, sociodemography and health impact. Dig Dis Sci 1993; 38: 1569–80.
[16] Associazione Allergologi ed Immunologi Territoriali ed Ospedalieri, POSITION PAPER I test “alternativi” nella diagnostica delle allergopatie. http://www.aaito.it/, accessed 3 sept 2013
[17] National Institute for Health and Clinical Excellence. Food allergy in children and young people Diagnosis and assessment of food allergy in children and young people in primary care and community settings. Issue date: February 2011
[18] American Academy of Allergy, Asthma & Immunology support of the European Academy of Allergy and Clinical Immunology position paper on IgG4: Submitted by the Adverse Reactions to
Foods Committee, 2010.
[19] Stuart Carr et al, CSACI Position statement on the testing offood-specific IgG Carr et al. Allergy, Asthma & Clinical Immunology 2012, 8:12
[20] The Australasian Society of Clinical Immunology and Allergy (ASCIA) . Position Statement Unorthodox Techniques for the Diagnosis and Treatment of allergy, Asthma and Immune Disorders . November 2007 Based on the October 2004 version published online; accessed 3 sept 2013
[21] Burks AW et al ICON: food allergy. (American Academy of Allergy, Asthma & Immunology; European Academy of Allergy and Clinical Immunology; World Allergy Organization; and American College of Allergy, Asthma & Immunology; International Consensus ON  – ICON – ).  J Allergy Clin Immunol. 2012 Apr;129(4):906-20.
[22] Umberto Volta et al. Non-celiac gluten sensitivity: questions still to be answered despite increasing awareness.  Cellular & Molecular Immunology (2013) 10, 383–392; doi:10.1038/cmi.2013.28; published online 12 August 2013
[23] LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE ITALIANA- ed 2003