Sul quotidiano on-line ilsegnale.it è uscita oggi, in occasione della festa della donna, la prima parte dell'indagine DONNE &...CIBO. Allego l'articolo e presto anche la seconda parte della ricerca.
Come mangiano le donne? Aspetti preliminari della ricerca
Secondo appuntamento con la biologa nutrizionista Raffaella Tosi
Con molto piacere ho
accettato di collaborare con l'IIRIS (Istituto Italiano Ricerca Informazione
Statistica) di San Benedetto del Tronto (AP).
Insieme ai collaboratori dell'Istituto e
sotto la coordinazione della dott.ssa Vera Mascaretti, direttrice delle
ricerche, è stato preparato un questionario per indagare le abitudini
alimentari delle donne.
Il rapporto
fra alimentazione e società ci appare del tutto intuitivo, infatti, attraverso
l'analisi della prima si può ottenere una visione della seconda, poiché le
abitudini alimentari possono essere rappresentative di una fascia sociale o
territoriale ben determinata.
Particolare attenzione va, inoltre, alle mutate tecniche di produzione agricola e di conservazione del cibo, alle influenze di altri Stati sui nostri bisogni, e non ultimo al ruolo dei mass media, che tanta parte hanno nella diffusione di nuovi prodotti alimentari, che il più delle volte conservano la funzione nutritiva come elemento di contorno, tutti fattori che hanno un ruolo determinante in questi cambiamenti.
Particolare attenzione va, inoltre, alle mutate tecniche di produzione agricola e di conservazione del cibo, alle influenze di altri Stati sui nostri bisogni, e non ultimo al ruolo dei mass media, che tanta parte hanno nella diffusione di nuovi prodotti alimentari, che il più delle volte conservano la funzione nutritiva come elemento di contorno, tutti fattori che hanno un ruolo determinante in questi cambiamenti.
Siamo
partiti dalla considerazione che da le donne, vuoi per convenzione sociale,
vuoi per la grande influenza dei media, siano da sempre attente all’apparire e
disposte a sottoporsi a trattamenti (ed auto-trattamenti) per essere più snelle
e magra ed assomigliare alle “signore” delle riviste patinate e della
televisione.
Per prima
cosa è stato necessario suddividere il campione composto da 164 donne sia per
fascia di età, che per condizione socio-lavorativa.
Mentre
soltanto 11 donne appartengono alla fascia delle over 50 e 42 alla fascia di
età compresa tra i 36 e 49 anni, ben 111 donne (il 68%) rientrano nella fascia
di età compresa tra i 20 ed i 35 anni. Questo dato si spiega facilmente in
quanto il questionario è stato divulgato principalmente on-line e sono proprio
le più giovani ad avere un rapporto più stretto con i mezzi telematici.
Quanto alla
condizione sociale, il 36% del campione svolge attività impiegatizia, a seguire:
libere professioniste, studentesse, disoccupate, pensionate, insegnanti,
casalinghe, dirigenti, imprenditrici ed operaie (fig.1).
Figura 1
Per capire
meglio che immagine le donne hanno di se stesse, abbiamo proposto una domanda
specifica sulla percezione di loro stesse chiedendo se si vedessero sottopeso,
normopeso, sovrappeso oppure obese e abbiamo confrontato la loro risposta con
l’indice di massa corporea (IMC) conosciuto da qualcuno anche come body mass
index (BMI) opportunamente calcolato.
Ebbene,
mentre 2 intervistate non hanno rilasciato dati sul proprio peso ed altezza (parametri
necessari per il calcolo del BMI), ben il 41% (67 donne) ha una errata
percezione di se stessa. Tra queste possiamo differenziare chi sottostima e chi
invece sovrastima la propria conformazione corporea affermando che mentre le
donne sottopeso, normopeso e sovrappeso tendono a vedersi “più grasse”, le
donne obese, non accettano il loro stato tanto da vedersi solamente sovrappeso.
È interessante far notale che questa
errata percezione non è significativamente correlata con lo stato
socio-economico delle intervistate.
La metà delle
donne si è sottoposta a “dieta” ed il 10% del campione che invece non ha mai effettuato
nessun trattamento, pensa di averne bisogno.
Il dato
allarmante è che tra tutte coloro che si sono sottoposte a regime alimentare
controllato, ben il 40% non si è rivolta né ad un biologo nutrizionista, né ad
un medico, ma hanno attuato un fai da te (fig.2).
Questo dato è
più evidente nella fascia di età giovane (20-35 anni) e nelle over 50 ma non è correlabile con la professione in
modo significativo.
Figura 2
Non meno
importante è stato valutare i livelli di attività fisica svolta dalle donne. Interessante
notare che la maggior parte delle donne dichiara di fare attività fisica, ed in
questo primeggiano le impiegate (39%), probabilmente per la necessità di
muoversi dopo aver passato diverse ore sedute durante il lavoro. Anche i dati
sulla frequenza dell’attività fisica sono confortanti in quanto la maggior
parte delle donne (il 59%) pratica sport dalle 2 alle 3 volte alla settimana.
Figura 3
Pensando poi al
mondo delle palestre dove spesso vengono commercializzati e consigliati
integratori alimentari per il miglioramento delle performance fisiche è stato
chiesto alle donne se fanno uso di integratori. La risposta è stata quasi
scontata: la maggior parte delle donne non ne assume essendo questa una
tendenza che interessa maggiormente il mondo maschile.
Coloro che assumono integratori prediligono i
multivitaminici, specialmente se si tratta della fascia di età più giovane. In realtà, le vitamine dovrebbero essere opportunamente assunte con gli
alimenti e non con gli integratori.
Dai 36 ai 49 anni si da maggiore importanza
all’integratore brucia grassi, che di per se non ha alcun effetto se non
associato al movimento e ad un regime alimentare controllato. Le over 50 invece
vanno alla ricerca della formulazione anti età e solo una minima percentuale di
loro (12,5%) comprende che l’uso degli antinvecchiamento può essere utile se
assunto pre-menopausa, più in generale prima dei 50 anni. Secondo la
National Academy of Sciences americana non vi è prova che alte dosi di
antiossidanti (vitamine A e C e β-carotene) possano ridurre il rischio di
malattie legate ai fenomeni di ossidazione e invecchiamento.
Gli integratori stanno avendo grande successo
probabilmente perché trasmettono un messaggio positivo ad un'ampia fascia della
popolazione: migliorato benessere e protezione dal processo di invecchiamento. L'utilizzo
di una gamma assai ampia di tali prodotti pone però il problema della loro
validità scientifica e della loro utilità. In Italia non sembrerebbe
giustificata un'assunzione generalizzata, in mancanza di effettiva carenza di
fattori nutrizionali..
Figura 4
Dopo queste
domande utili per avere un quadro iniziale delle intervistate, la scelta delle
domande è stata piu’ specifica. Come nutrizionista è stato mio interesse andare
a confermare dei dati che quotidianamente raccolgo in studio durante il primo
incontro con il paziente.
Tra i principi
generali della corretta alimentazione, sono fondamentali il numero e la
frequenza dei pasti. Comuni abitudini di vita dimostrano che gli spuntini tra i
tre pasti giornalieri aumentano il benessere ed il rendimento nel lavoro,
mentre l'omissione della prima colazione diminuisce le prestazioni fisiche ed
intellettuali. Spesso i ritmi della vita moderna inducono a mangiare una o due
volte al giorno, esponendosi all'obesità
ed altre note malattie.
La
ripartizione dei pasti si articola normalmente su cinque momenti giornalieri,
tre principali (prima colazione, pranzo e cena) e due di sostegno (spuntino di
metà mattinata e merenda). Questa buona abitudine è utile principalmente per mantenere
costantemente in attivo il nostro metabolismo. Si dovrebbe partire da una sana
e ricca colazione che puo’ arrivare a coprire il 20% del fabbisogno calorico
giornaliero.
Le nostre
intervistate usano fare colazione in modo classico, ovvero con latte e caffè
con aggiunta di cereali/fette biscottate. È sbagliato saltare la prima
colazione o limitarsi a bere tea o caffè in quanto in questo modo risulta
inesistente/basso l’apporto di zuccheri necessari per iniziare la giornata
(fig.5). Abbiamo potuto notare che
generalmente sono le donne comprese tra i 36 e 49 anni che tendono a perdere
l’abitudine per la colazione completa prediligendo caffè e tea.
Figura 5
L’importanza dei
5 pasti giornalieri purtroppo non è un concetto del tutto chiaro. Oggi, tutti
gli studiosi di nutrizione umana sono concordi nel ritenere i cinque pasti
giornalieri funzionali alla salute e allo sport (questi risultati sono
confermati anche da studi su animali). Spesso si tende a pensare che 5 pasti
aumentano la quantità di kcal ingerite durante la giornata. Innanzi tutto, come
precedentemente scritto, le moderne teorie della scienza dell’alimentazione
mettono da parte il counting calorico, prediligendo il concetto di alimentazione sana e ben bilanciata
accompagnata da un corretto stile di vita (piu’ movimento, ovvero almeno 10mila
passi al giorno per il mantenimento del buono stato di salute).
Inoltre uno
studio particolarmente significativo per autorevolezza e diffusione (Tecumesh
Community Health Study), effettuato su
mille uomini, conferma che la frequenza di assunzione del cibo è inversamente
proporzionale al grado di obesità.
In altri
termini, a parità di kcal ingerite, il maggior numero di pasti comporta:
-
meno
peso corporeo;
-
maggiore
controllo di colesterolomia;
-
maggiore
tolleranza al glucosio e normale risposta
di insulina
-
maggiore
controllo della composizione corporea (% di massa grassa e magra)
-
aumentata
attività di lipolisi
-
più
predisposizione all'attività motoria.
Il nostro
campione di intervistate saltuariamente fa gli spuntini assumendo la maggior
parte delle energie dal pranzo e dalla cena (fig.6). da non sottovalutare che
l’apporto energetico degli spuntini dovrebbe essere vicino al 10-15% delle kcal
totali assunte nella giornata, quindi, un pasto a tutti gli effetti.
Il dato piu’
sconfortante deriva dalla descrizione dello snack. Le fasce giovani (25-35
anni) sono quelle che consumano maggiormente merendine e snack salati invece di
prediligere la frutta (purché fresca e di stagione) o uno yogurt .
Figura 6
Dall’istogramma
di fig.7 possiamo notare anche quali alimenti è solito mangiare il nostro
campione. Facendo un’ eccezione per la pizza (che se è artigianale rimane un
piatto tipico della nostra tradizione a cui è difficile rinunciare), gli altri
alimenti potrebbero essere classificati sotto la grande famiglia dei junk foods
(termine ormai comune che significa letteralmente “cibo spazzatura”). Non è
raro l’utilizzo di panini farciti e toast e di bevande alcoliche. Spesso i
panini sono ricchi di grassi saturi che a lungo andare favoriscono l’insorgenza
del colesterolo. Le bevande alcooliche invece sono molto caloriche. L’alcool
non ha potere nutrizionale, ovvero non apporta nutrienti alla nostra dieta,
quindi anche questo utilizzo dovrebbe essere rivisto.
Figura 7
Questi sono solo i dati preliminari
della ricerca effettuata.
Successivamente analizzerò le abitudini
per ogni singolo pasto, comparandole con la piramide alimentare della dieta
mediterranea moderna.
è possibile leggere l'articolo (leggermente ridotto rispetto a questo testo originale) che rimarrà on line solamente qualche giorno all'indirizzo: http://ilsegnale.net/?approfondimento=come-mangiano-le-donne-aspetti-preliminari-della-ricerca
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