Di recente ho presentato ai lettori gli aspetti preliminari di una ricerca condotta
con IIRIS (Istituto Italiano Ricerca Informazione Statistica) di San Benedetto
del Tronto (AP) sulle abitudini alimentari delle donne. Un estratto della prima
parte del “report” è stato pubblicato sul quotidiano on-line “ilsegnale” in
occasione del giorno della festa della donna ed è consultabile per intero al
link http://www.nutrizionistatosi.com/2011/03/donne-prima-parte.html
. L’analisi preliminare si concludeva
con i dati relativi all’abitudine alla prima colazione all’importanza dei 5
pasti giornalieri e dello spuntino spesso sbagliato.
Anche la restante parte del report sarà pubblicata su "ilsegnale" ma per motivi redazionali e per ragioni di lunghezza del report la seguente relazione è stata suddivisa in 3 parti.
Riporto ai lettori del mio blog l'analisi per intero dello studio.
In questa ultima parte, mi sono ripromessa di analizzare i dati dandone una lettura
volta alla comprensione di un concetto fondamentale per la mia professione:
l’educazione nutrizionale. Oltre a porre domande sugli usi alimentari, siamo
andati a valutare anche le conoscenze delle donne in fatto di tipologie di
cibi.
Nella maggior parte dei casi che si presentano nel mio studio, propongo
un modello alimentare che ha come base i principi della Dieta Mediterranea (non
dimentichiamoci che è patrimonio dell’UNESCO). Ma come si articola questa
modalità alimentare? È la cucina che, ci ha
consentito di avanzare e che ora, con le ultime scoperte scientifiche, il mondo
intero ci invidia perché salutare come
nessun'altra. Si basa su alcuni punti cardine
tra cui:
·
Recupero delle tradizioni che per
storia economica e gusto configurano una cucina povero di proteine animali e
ricca di proteine vegetali, di amidi piuttosto che di zuccheri e grassi animali,
quindi con l'olio d'oliva dominante.
·
Nessuna aggiunta, se non
necessaria e meditata, di altri liquidi (acqua, panna, latte, vino ecc.).
·
Particolare ricerca (in primo
luogo nel singolo piatto, ma anche nella successione delle portate offerte)
della cosiddetta complementazione, cioè dell'unione con poca carne, pesce o
pasta di più verdure o legumi, ciascuno con una proteina sua propria: tale che
tutte insieme diventano sostitutive di quelle nobili animali, proprio in quanto
vengono assimilate contemporaneamente.
·
Ricerca dì un puntuale recupero
degli ingredienti naturali, giunti appunto alla maturazione in maniera naturale
e nel proprio habitat, quindi esclusione delle cosiddette primizie.
·
Assoluto freschezza e sanità di
ciascun ingrediente
·
Elementarità nelle cotture,
ciascuno nel suo tipo e categoria, così da conservare al massimo i principi
attivi e i sapori e colori originarli.
La dieta mediterranea ha alla base l’assunzione giornaliera
di carboidrati. Ma quando si parla di carboidrati è errato pensare solamente a
pane, pasta, riso e patate. Infatti a questa grande famiglia di nutrienti
appartengono anche le fibre alimentari. I carboidrati, o glucidi, sono
assolutamente necessari nella nostra dieta. Essi infatti, sotto forma di
glicogeno nei muscoli e nel fegato, rappresentano una riserva energetica a
rapida utilizzazione. Hanno diverse funzioni:
- Funzione protettiva (agiscono sul risparmio proteico e la riserva glucidica rende il fegato più resistente all’attacco di virus, batteri e tossine)
- Funzione plastica (sono costituenti di acidi nucleici, glicoproteine e glicolipidi)
A seconda della struttura chimica possono essere suddivisi in glucidi semplici e complessi.
I primi sono presenti nello zucchero da cucina (glucosio), nel latte (lattosio), nella frutta (fruttosio), nel miele, nei dolciumi, negli ortaggi. I secondi invece si trovano soprattutto nel pane, pasta, patate, riso (amidi) .
La FIBRA ALIMENTARE costituisce la frazione glucidica non disponibile, ovvero non digerita ed assorbita dal nostro organismo. La fibra conferisce senso di sazietà, aumento della massa fecale, favorisce la peristalsi contrastando la stipsi ed evitando i problemi ad essa associati: diverticolosi, ragadi emorroidi. È inoltre ben documentato quanto il consumo di fibra diminuisca l’incidenza di malattie cronico-degenerative: tumori del colon/retto, diabete e malattie cardiovascolari.
- Funzione protettiva (agiscono sul risparmio proteico e la riserva glucidica rende il fegato più resistente all’attacco di virus, batteri e tossine)
- Funzione plastica (sono costituenti di acidi nucleici, glicoproteine e glicolipidi)
A seconda della struttura chimica possono essere suddivisi in glucidi semplici e complessi.
I primi sono presenti nello zucchero da cucina (glucosio), nel latte (lattosio), nella frutta (fruttosio), nel miele, nei dolciumi, negli ortaggi. I secondi invece si trovano soprattutto nel pane, pasta, patate, riso (amidi) .
La FIBRA ALIMENTARE costituisce la frazione glucidica non disponibile, ovvero non digerita ed assorbita dal nostro organismo. La fibra conferisce senso di sazietà, aumento della massa fecale, favorisce la peristalsi contrastando la stipsi ed evitando i problemi ad essa associati: diverticolosi, ragadi emorroidi. È inoltre ben documentato quanto il consumo di fibra diminuisca l’incidenza di malattie cronico-degenerative: tumori del colon/retto, diabete e malattie cardiovascolari.
Se quindi esistono differenti tipi di carboidrati, è
importante che la nostra dieta, pur contemplandoli ciclicamente tutti, sia più
sbilanciata verso alcuni alimenti piuttosto che altri.
La pasta, ad esempio è per eccellenza l’alimento che si
assume più frequentemente. MA esistono differenti tipi di pasta. Abbiamo
chiesto alle intervistate che tipo di pasta prediligessero e 108 donne sulla totalità
del campione ha dichiarato di utilizzare la comune pasta di semola di grano
duro. Le donne over 50 dichiarano di prediligere la pasta all’uovo o ripiena,
mentre un dato incoraggiante arriva dalla fascia intermedia di età che gradisce
anche la pasta integrale. Questo perché probabilmente le donne di tra i 36 ed i
49 anni sono più attente ed informate sulle proprietà nutrizionali degli
alimenti.
È stato interessante valutare se le intervistate conoscessero
la differenza tra farine raffinate e cereali semplici. Soltanto poco più della
metà di loro (51,2%) dichiara di conoscerla e si tratta soprattutto di donne
over 50 (fig 1).
Figura 1
Se questi dati ci hanno lasciato ben
sperare, facendo un confronto diretto tra quanto dichiarato e la domanda “quali
sono i cereali che consumi maggiormente” posso facilmente intuire che il
concetto di cereali semplici non è del tutto chiaro. Le risposte a questa domanda si sono dimostrate le più disparate. Molte
donne hanno risposto che i cerali da loro consumati sono le farine (quando
queste subiscono sempre un processo di raffinazione), la pasta ed il riso;
qualcuna ha interpretato la domanda pensando ai cereali (tutt’altro che poco
lavorati) che si utilizzano a colazione come i korn flakes, il muesli (che è un
mix di vari ingredienti e comprende anche la frutta secca), le barrette al
cioccolato, e diverse donne hanno
risposto che i cereali da loro consumati sono lenticchie e ceci (che non sono
assolutamente cereali ma appartengono alla famiglia dei legumi, con tutt’altre
proprietà nutrizionali).
È
importante ricordare che i cerali semplici sono tutti quei cereali che non hanno subito lavorazioni
particolari né brillatura, quindi tra questi sicuramente l’orzo, il grano
saraceno, il farro, il miglio, l’avena, il kamut, il riso integrale e molti
altri. Questi alimenti sono importanti non solo perché
apportano carboidrati (soprattutto amido e fibra), ma anche vitamine, minerali
ed altre sostanze di grande interesse per la salute (dati INRAN). Le nuove linee guida per
l’alimentazione si incentrano più sui cibi che sui singoli nutrienti: se ad
esempio prima si diceva che metà delle calorie dovevano essere carboidrati, ora
si specificherà che è meglio siano provenienti da cereali integrali e non da
farine raffinate o zuccheri semplici. Questo anche perché, nei soggetti che
seguono una dieta molto ricca di carboidrati raffinati si ha superstimolazione
delle cellule beta del pancreas con eccesso di secrezione di insulina. Insomma
i carboidrati raffinati, sicuramente non sono da preferire, non aiutano il
dimagrimento nei soggetti che necessitano e hanno soprattutto un indice
glicemico troppo elevato.
Come precedentemente specificato, la fibra fa parte
della grande famiglia dei carboidrati e quindi il passo successivo è quello di
parlare di frutta e verdura. Le linee
guida per una sana alimentazione raccomandano il consumo di almeno cinque
porzioni giornaliere di frutta e verdura. Una meta analisi pubblicata sul
Journal of Human Hypertension rafforza tale raccomandazione sottolineando
l’importanza di frutta e verdura nella prevenzione delle patologie coronariche.
Non solo si da importanza alla quantità di porzioni, ma anche alla tipologia di
alimento. La nuova piramide alimentare della dieta mediterranea moderna (che
presenterò in una successiva occasione) specifica anche l’importanza di variare
i colori di frutta e verdura. Sono “5 i colori della vita” presentati anche dal
ministero della salute: Bianco, blu-viola,
giallo-arancio, rosso e verde. La loro importanza risiede nel fatto che ogniuno
di questi gruppi ha dei componenti con delle particolari caratteristiche
salutari (es: i frutti rossi, come pure i pomodori sono ricchissimi di elementi
antiossidanti, i cosi’ detti phytochemicals).
Dai dati emersi, solamente il
31,7% delle intervistate è a conoscenza della giusta quantità di frutta e
verdura da assumere (fig.2)
Figura 2
Inoltre quasi il 40% del campione
mangia frutta solo 1 volta al giorno e verdura ed il 45,6% mangia verdura 2
volte al giorno. Insomma, il totale risulta molto vicino alle 3 porzioni,
quantità troppo basse per potersi assicurare tutti i benefici provenienti da
questi preziosi alimenti.
A proseguire, abbiamo voluto
chiedere in che modo durante la settimana fossero distribuiti gli alimenti che
costituiscono i nostri “secondi piatti”. Abbiamo considerato vari tipi di carne
(bianca, rossa e bistecca vegetale), le uova, diverse categorie di pesce
(azzurro e di acqua dolce), prodotti inscatolati a base di carne e pesce ,
derivati del latte (fig.3).
Figura 3
Il grafico ci da un quadro generale della situazione. I
sostituti vegetali della carne, non sono ancora molto diffusi ed apprezzati,
sebbene la soia sia l’unico vegetale contenente tutti gli amminoacidi
essenziali al pari delle carni. Formaggi e altri derivati del latte vengono
mangiati fino a 3 volte a settimana, prodotti inscatolati una volta alla
settimana, quasi mai molluschi e pesci di acqua dolce mentre i pesci grassi
ricchissimi di Omega 3 da 0 ad 1 volta alla settimana. Rispetto a questi pesci,
è importante dire che gli acidi grassi Omega 3 hanno un effetto benefico sulla
salute cardiovascolare e sulle funzioni visive. Essendo il nostro campione
appartenente a zone principalmente
vicine alla fascia costiera del medio adriatico, ci saremmo potuti aspettare un
consumo di pesce azzurro di almeno 2 volte alla settimana, Invece, solo il 52%
delle intervistate mangia pesce e lo mangia solo una volta alla settimana. Il
37.5% delle donne non mangia questa tipologia di pesce. Mangiare pesce rallenta
sensibilmente l’arrivo della demenza senile ed aiuta nella prevenzione delle
complicanze renali in pazienti che soffrono di diabete. Questo
anche perché la quantità dei grassi e delle proteine contenute nel pesce
è decisamente superiore a quelle contenute nella carne e questo alimento
fornisce un contenuto molto basso di colesterolo (fatta eccezione per i
crostacei).
La carne bianca (pollo, tacchino e coniglio ed anche maiale)
viene utilizzata dal 55% delle donne solo una volta alla settimana mentre
sarebbe buona regola mangiarla almeno due volte alla settimana a discapito
della carne rossa. Il 29% delle donne cucina carne rossa 2/3 volte alla
settimana. La carne rossa (manzo, vitello, maiale e cavallo) presenta vantaggi
e svantaggi: se, da un lato, vanta un contenuto di ferro leggermente superiore,
dall’altro è anche più ricca di grassi. Secondo i dati INRAN, la carne di
cavallo ha un contenuto di ferro di 3,9 mg/100 g; nella carne di bovino adulto
il valore del ferro oscilla tra 1,1 e 1,9 mg/100 g (a seconda dei tagli); nel
pollo, invece, questo è mediamente di 0,6-0,7 mg/100 g e scende a 0,4 mg nel
petto di pollo. C’è pero’ da aggiungere che una dieta con molta carne rossa
aumenta il rischio di ictus nelle donne.
Per concludere al meglio la descrizione dei pasti
abbiamo cercato di capire che rapporto avessero le donne con i dolci. La
maggior parte delle intervistate (36,6%) dichiara di mangiare dolci
specialmente la mattina ma non è da sottovalutare il fatto che quasi il 20% di
loro (19,7%) mangia dolci dopo cena. È un dato che caratterizza molto il sesso
femminile. La sera, in totale relax davanti alla televisione ci si lascia
andare e, un po’ per noia, un po’ perché in quel momento della giornata c’è un
generale calo dell’attenzione e ci si scarica dallo stress accumulato, ecco che il dolce rimane la valvola di sfogo
preferita. È interessante notare che
sono le donne dai 36 anni in poi ad avere questa abitudine. Oltre i 50 anni
invece, è alta la percentuale di donne (27%) che consuma abitualmente dolci
dopo i pasti principali (fig.4).
Se da un lato mangiare dolci dovrebbe essere un lusso
da concederci non più di una volta alla settimana, è altrettanto importante
ricordare che il dolce assunto la sera dopo il pasto è tutt’altro che salutare:
crea un innalzamento del picco glicemico e soprattutto aggiunge al pasto Kcal
che non verrebbero smaltite.
Figura 4
Abbiamo concluso lo studio con una semplice domanda correlata
all’idratazione (febbraio è stato il mese dell’idratazione, ma ben pochi
purtroppo ne erano a conoscenza!). L'acqua è il nostro costituente
fondamentale: nell'organismo umano adulto è presente in una quantità pari al
60-65% del peso corporeo. L'acqua è fondamentale per l'organismo: è infatti il
mezzo attraverso il quale si svolgono tutte le reazioni metaboliche. Interviene
nei processi digestivi (all’interno dell'intestino fa volume prevenendo la
stipsi), nella regolazione della pressione osmotica, nel trasporto delle
sostanze nutritive e nel mantenimento della temperatura corporea (la giusta
quantità d'acqua permette al cervello di controllare correttamente i meccanismi
di termoregolazione del nostro corpo). La mancanza d’acqua da origine a
scompensi come: crampi, sensazione di spossatezza e mancamenti nei casi di
disidratazione più gravi. Inoltre la presenza
dell'acqua è fondamentale nel sangue, non solo perché è il principale elemento
del plasma (la componente liquida del sangue), ma anche perché assolve
all'importantissima funzione di regolare il volume del sangue e la sua
fluidità. Un organismo fortemente disidratato ha il sangue più denso e, di
conseguenza, la circolazione rallentata.
Quando l'acqua introdotta e formatasi nell'organismo equivale
a quella eliminata (urine, sudore, respirazione e traspirazione) l'individuo è
in equilibrio idrico.
Purtroppo il 41% delle intervistate ha dichiarato un consumo di acqua pari ad un litro al giorno.
Purtroppo il 41% delle intervistate ha dichiarato un consumo di acqua pari ad un litro al giorno.
Ma non solo, spesso le donne assumono bevande alcoliche (fig.5)
specialmente nella fascia di età over 50. L’alcool come già accennato, non ha
potere nutrizionale e non è una bevanda idratante (semmai il contrario) per il
nostro organismo. Ritengo di fondamentale importanza sensibilizzare la
popolazione al corretto utilizzo di alcool. È importante anche sfatare il mito
sull’apporto di polifenoli (sostanze antiossidanti) proveniente da vino. Per
garantire una corretta integrazione di sostanze antiossidanti ci vorrebbe molto
più di un bicchiere di vino al pasto che a lungo andare potrebbe creare danni
al fegato, quindi è sicuramente più salutare introdurre antiossidanti con
l’assunzione giornaliera di frutta e verdura (5 porzioni die).
Figura 5
Per assicurare una buona idratazione, è utile assumere almeno
due litri al giorno di acqua e per lo più lontani dai pasti. Un rischio da
evitare è quello di bere solo quando ne avvertiamo strettamente il bisogno,
perché potrebbe essere già troppo tardi. Infatti, l’ipotalamo (ghiandola
situata nel cervello) che regola il senso di sete talvolta “fa partire” in
ritardo lo stimola all’idratazione. In altre parole, quando sentiamo sete, il
nostro organismo è già in fase di disidratazione perciò, bisogna imparare a
idratarsi regolarmente durante la giornata, anche quando si crede di non averne
bisogno.
Per concludere le acque minerali non sono tutte uguali. Per donne in gravidanza e bambini si consigliano acque con
pochi nitrati, chi desidera prevenire l’osteoporosi è meglio invece assuma
acqua ricca di calcio, per chi ha disturbi
pressori è bene evitare quelle con più di 200 milligrammi di
sodio. Inoltre, l’acqua del rubinetto non è meno buona perché è controllata e
sicura (attenzione però alle autoclavi condominiali specialmente se non è
assicurata l’igiene delle stesse e c’è poco ricircolo) e se lo richiediamo alla
nostra Asur di appartenenza potremmo
conoscere il contenuto di sali minerali dell’acqua comunale.
“…
La moderna scienza della nutrizione ha dimostrato che questi cibi veri e le
diete basate su di essi incidono sulla salute, favorendo approcci più efficaci
per la prevenzione delle malattie croniche…” (Dariush
Mozaffarian, David Samuel Ludwig – Harvard Medical School, “Dietary guidelines
in the 21st century – a time for food.” JAMA – Journal of American Medical
Association – Agosto 2010
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