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Dieta chetogenica


Sempre piu’ spesso mi capita di avere in visita pazienti che ammettono di aver tolto “di testa loro” e per un certo periodo spesso non ben definito i carboidrati dalla loro alimentazione per “dimagrire” piu’ velocemente.

Questi giochi del “fai da te” spesso e volentieri sono deleteri e senza logica.
Poi ci sono coloro che scelgono di alimentarsi di sole proteine assumendone un quantitativo sproporzionato rispetto al fabbisogno.

La DIETA CHETOGENICA VLCD (very low calory diet) non è nulla di tutto questo.

Si tratta di una dieta che nasce negli anni ‘20 per curare l’epilessia nei bambini che non rispondevano a terapia farmacologica e che si è sviluppata successivamente anche in ambito di dimagrimento e per altre patologie neurologiche.
Non si tratta di una dieta iperproteica, ma piuttosto di un approccio normoproteico (da 1g a 1,2g di proteine pro kg), a bassissimo contenuto in carboidrati (da 20g a 50g die) e, in caso di dimagrimento, ipocalorica.

Il basso apporto di carboidrati serve per downregolare il rilascio di insulina (ormone secreto dal pancreas) evitando i tanto pericolosi picchi insulinici a cui fanno seguito cali glicemici che inducono alla reintroduzione di cibo ricco in carboidrati.
L’ organismo trae energia dai trigliceridi di riserva e formerà corpi chetonici che nutriranno il cervello e il corpo. Inoltre i corpi chetonici inducono la sazietà e il tono dell’umore sarà mantenuto elevato grazie a neuromediatori cerebrali: serotonina, noradrenalina, dopamina.

Vista sotto questo aspetto, non è altro che una valida alternativa alla classica “dieta mediterranea” (anch’essa sempre più stravolta dalle convinzioni mediatiche a cui siamo sottoposti) con il vantaggio di:

1. non far perdere massa muscolare, ma solo massa grassa, e questo è possibile perché le proteine di riserva non vengono intaccate e perché le proteine che devono essere assunte sono ad alto valore biologico e permettono di preservare ed integrare la massa magra del paziente tendenzialmente sarcopenico.

2. avere un risultato più rapido che incoraggia il paziente, perché l’aspetto psicologico è molto importante in dietoterapia.

3. non far sentire la fame, se non per una breve finestra temporale di massimo 3 giorni (48/72 ore), tempo necessario all’organismo per terminare le riserve di glicogeno ed iniziare a produrre corpi chetonici.

E’ estremamente importante sottolineare che la VLCD, sia che si approcci con alimenti comuni, sia che si prescriva con kit pronti (che possono essere costituiti da sostituti del pasto masticabili o da proteine solubili in polvere), deve essere effettuata sempre e solo sotto controllo del professionista esperto in dieta chetogenica (e ribadisco che i professionisti abilitati all’elaborazione di diete in italia sono medici, biologi e dietisti) per evitare danni alla salute. Venendo esclusa la frutta e molti tipi di verdure, è necessario assumere un buon multivitaminico e del potassio (utile a contrastare la perdita di liquidi data da un aumento della diuresi), oltre che un alcalinizzante per evitare l’alitosi data dai corpi chetonici.
Durante il trattamento, è necessario controllare lo stato di chetosi e ciò è possibile attraverso un ketur stick per l’autoanalisi delle urine.

Ma vediamo ora in cosa consiste questa dieta.

Se utilizziamo la VLCD per il dimagrimento, dobbiamo essere informati del fatto che esistono diverse fasi e anche diversi protocolli e questi ultimi saranno settati dal professionista sul paziente, proprio come quando si crea un abito su misura.

- In alcuni casi è necessaria una fase preparatoria consistente in una alimentazione proteica con un basso apporto di carboidrati a basso IG. Il corpo inizia quindi ad abituarsi ad un nuovo regime.

- Si passa poi alla fase attacco o di dimagrimento attivo in chetogenesi in cui viene “attaccata la massa grassa. La durata di questa fase, è bene che non sia inferiore ai 14 giorni e l’apporto calorico è molto basso (600/900kcal). Come già spiegato, sebbene l’apporto calorico sia molto basso, la sensazione di fame è nulla, grazie all’azione dei corpi chetonici dall’effetto anoressizzante. Oltre che alimenti comuni, si possono utilizzare anche sostituti del pasto. In questo caso, è impossibile commettere errori poiché i preparati hanno una composizione bromatologica estremamente precisa e di conseguenza il risultato è raggiunto quasi in modo “matematico”. L’utilizzo di preparati composti da proteine ad alto valore biologico, ha il vantaggio di non pesare, di mantenere stabile la chetogenesi e di avere il controllo completo dell’apporto calorico.
Ovviamente, un bravo nutrizionista deve essere in grado di saper gestire tutte le fasi anche con alimenti comuni e di saper consigliare il paziente in base a ciò’ che è meglio per lui.
E’ necessaria in questa fase l’integrazione con vitamine, minerali, pre e probiotici mirati.

- Superata la fase di attacco, si passa alla fase di transizione o attenuata o mitigata. Spesso capita che i pazienti vogliano continuare a rimanere in chetosi poiché tutti dichiarano di sentirsi molto bene, e per esperienza personale (sottoponendomi io stessa in alcuni periodi dell’anno a questo protocollo) devo dire che la lucidità mentale e la vitalità data dalla chetosi, sono impagabili. Questa fase è comunque molto delicata in quanto si inizia la lenta reintroduzione di alcuni alimenti non presenti durante la fase attacco. Personalmente preferisco fare in modo che questa fase sia composta da tappe perché ciò che assolutamente si deve evitare (e qui il paziente deve essere il piu’ possibile compliante) è il ritorno all’anarchia alimentare che farebbe riprendere i kg persi. La lunghezza delle fasi dipende dal paziente, ma in linea di massima, un pasto sarà composto da soli alimenti e piano piano si reintegra la frutta per poi passare ai carboidrati a basso IG. Se vengono seguite tutte le regole, in questa fase, seppur più lentamente, si continua a perdere peso e si stabilizzano i risultati.

- Infine si arriva alla fase di normalizzazione o di equilibrio alimentare.

In tutto questo lungo percorso, il paziente ha dovuto abituarsi ad un regime del tutto nuovo, e il nutrizionista l’ha accompagnato spiegando cosa stesse succedendo al suo corpo. Durante le visite è fondamentale pesare e misurare il paziente, ma anche sottoporlo ad analisi impedenziometrica per valutare al meglio la sua composizione corporea. Una buona BIA (analisi impedenziometrica) permette al paziente di prendere maggiore consapevolezza di ciò che stà cambiando.

In tutte le fasi successive a quella di attacco, l’apporto calorico aumenta, fino ad arrivare ad una dieta normocalorica. Il paziente deve essere educato anche ad accompagnare la corretta alimentazione al giusto movimento, perché entrambe le cose rientrano nel giusto stile di vita: palestra o camminate o sport all’aria aperta devono diventare una sana abitudine con cadenza fissa nell’arco della settimana.

Per concludere, con molto piacere, e perché possa arrivare il messaggio anche ai più scettici e timorosi, ci tengo a sottolineare che l’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica) ha validato con un position paper, la DIETA CHETOGENICA come percorso terapeutico.


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